Affidando a noi questo ricordo, il Professore Antonino Russo, sottolinea come, seppure erano momenti di vera ristrettezza, la nostalgia per quei tempi e per quei valori è tanta.
Nei primi anni cinquanta la mattina del 6 gennaio, giorno della Epifania, io non uscivo di casa per andare a giocare in strada, come facevano altri miei amici. I miei compagni scendevano ed esibivano i giocattoli avuti dalla Befana. Io avevo da mostrare soltanto un carrettino che mio padre ogni anno tirava fuori per l’Epifania e rimetteva nel ripostiglio il giorno dopo per ritirarlo fuori l’anno successivo. Io non ho mai avuto il piacere di scendere in strada per mostrare un mio nuovo giocattolo. Mi dispiace dover tornare ogni tanto ai ricordi tristi della mia infanzia di guerra, ma i ricordi fanno di tutto per farsi largo nella mia testa, ora affollata da tante figure e fatti. Eppure non c’è solo tristezza nei giorni della mia infanzia e nel ricordarla. Anche dentro l’immane tragedia della guerra vi era un soffio di spensieratezza. L’infanzia cercava di farsi largo in mezzo alle difficoltà del quotidiano. Io giocavo a casa col mio carrettino che si conservava in buono stato perchè riposto a casa per tutto l’anno. Di tanto in tanto mio padre lo dipingeva per dargli una parvenza di nuovo. L’ho tenuto in vita per molti anni quel carrettino. Alla fine lo ha usato anche mio fratello, perché io non avevo avuto il coraggio di eliminarlo. Insieme alla fame, di quel periodo, è stata l’infanzia rubata la cosa che mi ha ferito maggiormente. L’infanzia è un tratto di vita che in nessun modo si può tentare di recuperare.
E’ così per tutti i periodi della vita, ma l’infanzia ha ovviamente un significato diverso.
La perduta innocenza non si ritrova, la si vive sempre con un pizzico di nostalgia seppure io l’abbia vissuta in periodo bellico.
Mio padre mangiava un po’ di pasta in più e mi dava la sua fetta di pane razionato. Quei bocconi di pane erano il dolce più bello che potesse esistere: il dolce dell’infanzia innocente.
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