Gio. Lug 17th, 2025

Un punto di non ritorno trasversale che coinvolge tutte le città. Ma cosa si può fare concretamente?

Non siamo tutti uguali e non lo sono nemmeno i nostri giovani. Non si tratta di una valutazione di merito o demerito, non si cerca di individuare il migliore o il peggiore, ma non siamo tutti uguali.
Non tutti i nostri ragazzi sabato sera nella piazza di Monreale (come in qualunque altro punto di ritrovo), avrebbero avuto l’indole di litigare, la disposizione d’animo per impugnare un’arma (ma anche la stessa facilità a detenerne una) e aprire il fuoco su alcuni coetanei uccidendone tre e ferendone due.
Attenzione prima di proseguire su ragionamenti che sono quelli di un padre qualunque, vi aiuto a fare mente locale.
La violenza giovanile non è un fenomeno nuovo: negli anni ’70 era legata alle ideologie politiche distorte da un pugno di adulti manipolatori, negli anni ’80 questa faziosità ed ideologia prende la via degli stadi e delle tifoserie, negli anni ’90 ne approfitta la mafia che trova manovalanza pronta, cavalcando fino ai nostri giorni dove una somma di cose spinge giovani al pascolo davanti decine di esercizi commerciali che non offrono null’altro che pascolo.


Purtroppo non è una disamina troppo lontana dalla realtà, ma non tutti hanno la struttura per una socializzazione civile e pacifica in questi momenti aggregativi anche per via dei pessimi esempi proposti.
Cosa offriamo ai nostri ragazzi, a tutti i nostri ragazzi?
Sottovalutiamo fenomeni come la diffusione dell’alcolismo giovanile, siamo indifferenti e giustifichiamo ogni forma di illegalità che in nessuno modo contrastiamo, come se si fosse gettata la spugna.
Cerchiamo valori o disvalori negli atti di giovani, nei quali a turno individuiamo erroneamente rivendicazione sociale (se non politica o ideologica) anche in certi fenomeni che purtroppo, sono solo fenomeni criminali.

https://www.linchiestadibagheria.it/cronaca/bagheria-baby-gang-aggredisce-due-ventenni/


Per quanto successo a Monreale, cerchiamo pronta risposta assolutrice nella provenienza da una delle periferie ghetto di Palermo (lo Zen), dei ragazzi la cui posizione è al vaglio degli inquirenti (pare che ci sia il fermo di un 19enne proprio in questi minuti).
Qui a Bagheria per esempio si dice che gli autori del pestaggio ai danni dei tre giovani al centro Levante di due mesi fa (nel quale una vittima ha subito la frattura della mandibola), provengano dal quartiere Sperone di Palermo. Qualcuno si chiederà di cosa parliamo. E già! Perché a Bagheria c’è pure l’aggravante che certi fatti devono essere presto dimenticati e tacitati.
Il tessuto economico che ruota intorno a questi luoghi di aggregazione giovanile è tessuto economico votante. Il silenzio su certi accadimenti serve a garantire una certa pax sociale.
La risposta cittadina a questi fenomeni è il silenzio o le parlate nelle scuole con quei ragazzi lontani anni luce da certe logiche.

Bagheria: frattura alla mandibola per uno dei ragazzi aggrediti – L’inchiesta di Bagheria


Che proposte per Bagheria e per la sua periferia ghetto?
Avremmo voluto chiedere l’inserimento della contrada Monaco (per esempio) tra le zone da riqualificare coi fondi del PNRR nella missione che ha permesso i lavori di via Libertà, individuando piuttosto quella come zona di degrado sociale e ad alto rischio di emarginazione. Ma quando ci presentammo all’incontro ci fu chiesto di andare via perché non eravamo tra gli stakeholder (?????). Chi era presente potrà confermare, compreso l’ufficio stampa del comune a cui fu affidato il compito di allontanarci.
I lavori in quella zona sarebbero stati un modo per dimostrare di essere attenti anche alle loro esigenze e non distratti sino al giorno del voto. Poteva accadere una presa di coscienza di una, due, tre famiglie, che davanti ad una riqualificazione avrebbero potuto sentirsi coinvolti ed invogliati.
E ancora: avevamo proposto al Comune di darci una mano ad organizzare la realizzazione di due o più murales sempre in quella zona, coinvolgendo la scuola e le associazioni nella ricerca fondi, perché avevamo già avviato interlocuzioni con artisti che, con il loro tratto moderno e urbano, avrebbero potuto accendere un faro.
Il 7 luglio del 2023 a teatro Butera, intervenendo su un caso di violenza di genere, proponemmo, ai numerosi presenti, istituzioni comprese, la figura del mediatore di quartiere che piacque al punto da essere inserito nel programma di governo, tranne poi, dopo un anno, non essere ancora stata istituita.
Proposte concrete che potrebbero avere dei risultati come quelli ottenuti solo per merito dei cittadini (e facciamo gli scongiuri) nella zona del PTE dove i fenomeni della malamovida, si sono sensibilmente ridotti e i piccoli reflui sono imputabili proprio all’indifferenza delle autorità.


Questo terribile disagio giovanile trasversale ad ogni latitudine, è ad un passo dal diventare definitivamente un fenomeno criminale senza precedenti e senza deterrenti (nel senso di soluzioni e non di repressioni).
Improponibile la posizione di tutti: chi cerca di rivendicarlo come diritto al dissenso per la propria condizione, chi al contrario vi cerca una deriva di valori ideologici da incolpare e da reprimere, chi ne valuta solo l’aspetto del foraggio di un tessuto economico (più o meno legale e facile preda delle mafie) che si fonda solo sul portafoglio di questi ragazzi e delle loro famiglie, per cui ogni silenzio è oro, e infine le famiglie stesse incapaci di affrontare il loro fallimento sia nel caso del coinvolgimento diretto dei loro figli, sia nel caso del non essere stati parte attiva nella creazione di un humus sociale più sano, in cui farli crescere.
Ma chi è che stabilisce quale è l’humus giusto?

Fonte PalermoToday


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Di Ignazio Soresi

Classe 1969. Si forma dai gesuiti a Palermo. Studia Economia e Commercio, Scienze Politiche, Scienze Biologiche ed in età matura, Beni Culturali ad indirizzo Storico/archeologico. Opera in ambito turistico. Ha collaborato con diverse testate.